In questo mondo social dove tutto è agli occhi di tutti, anche le nostre CASE  diventano di dominio pubblico: le abbiamo condivise e mostrate nelle storie di Instagram o di Facebook e sono diventate sfondo fondamentale per le web call, lo smart working e tutti quegli strumenti che ci hanno messo in comunicazione con il resto del mondo in questa Pandemia. Questa condizione ha reso inevitabile usare molto spesso la videochiamata, sia ai fini professionali che privati e la nostra riflessione, mia e di Martina, psicologa con la quale mi sto confrontando per creare la rubrica “Ambientazione del pensiero” , prevede l’analisi da due punti di vista, creativo e introspettivo, di temi presenti nelle nostre vite: cosa accade quando entriamo nelle case degli altri? Come viviamo gli altri che entrano nel nostro intimo? Come noi vogliamo che la nostra casa appaia ai loro occhi o che non appaia? Mettendo per esempio un filtro che ci faccia sembrare ovunque , ma non in casa nostra.

Nello sviluppo dell’identità personale i luoghi costituiscono un elemento fondamentale dell’esperienza. Ogni tipo di forma, proporzione o spazio attraverso le proprie funzioni produce effetti precisi sugli stati mentali e quindi sulle emozioni.
Le emozioni sono radicate in modo profondo fin dal primo istante di ogni esperienza ambientale e l’ambiente permette, anche a livello intuitivo e non sempre consapevole, sensazioni di benessere oppure di malessere. Lo sanno bene gli “esteti”, coloro che godono del Bello ma non solo. Gli esteti hanno bisogno del Bello: il trovarsi in ambienti non di loro gradimento li fa sentire a disagio mentre essere circondati dalla bellezza dona loro un senso di appagamento. Saranno queste le persone che faranno molta attenzione agli spazi, sceglieranno con un’ idea ben precisa, gli arredamenti e dedicheranno molto tempo e importanza alla casa. Mentre altre persone pensano in termini di praticità rendendo la casa funzionale, quindi non qualcosa di cui vantarsi, da mostrare, ma qualcosa che sta al proprio servizio. È quindi facile intuire come in quel piccolo spazio che vediamo nella webcam, dietro lo spalle del nostro interlocutore, si celino preziose informazioni sulla personalità di chi abbiamo di fronte.
Coloro che decidono di far vedere casa propria scelgono una stanza che più li rappresenta o che ritengono più adatta alla call, significa che probabilmente si sentono a loro agio e vivono in un’abitazione che li rispecchia. Per quanto riguarda i professionisti, per esempio, viene loro consigliato di apparire con una libreria alle spalle perché ciò aumenta la professionalità e il senso di sicurezza in chi ascolta.
Coloro che per vari motivi (convivenza studentesca, casa che non li rispecchia, casa in disordine) mettono uno sfondo predefinito e non fanno percepire nulla di sé, sono persone probabilmente con limiti e confini molto saldi o che temono l’invasione della propria sfera privata, sono gelose della propria intimità e non amano condividere con tutti.
L’importante è capire come ci sentiamo in casa nostra, visto che la casa rappresenta la nostra parte più reale, quella che ci vede a nudo… così di solito viene scelta e arredata con una parte di noi, generalmente più emotiva che razionale. Con questi nuovi mezzi di comunicazione  “mi casa es tu casa “ , ovvio in senso figurato (come dice la frase stessa) ci esponiamo e questo dice molto di noi .

Se tu potessi scegliere per la tua stanza da Call, quale sceglieresti ?

Una collaborazione tra l’Arch. Sara Bandinelli : IG Contaminazione Cretive e la Dott. Martina Francalanci -Psicologa clinica e di comunità n.6991 Esperta in Tecniche di rilassamento-Esperta in Scienze forensi –IG martinafrancalanci_psicologa Fb Dott.ssa Martina Francalanci Psicologa

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